Enea, serre a due piani negli edifici abbandonati

Si chiama Enea e ha ricevuto il premio Alba per le innovative ricerche in campo di vertical farming che hanno portato ad avviare il programma Ri-Genera, per trasformare edifici e capannoni abbandonati in serre verticali.

Il riconoscimento è stato ritirato dalla ricercatrice Enea Gabriella Funaro. Il progetto, iniziato in Veneto, vede tra i firmatari Coldiretti Padova, Parco Scientifico e Tecnologico Galileo, Advance Srl, Idromeccanica Lucchini Spa e Gentilinidue.

Le serre su più piani verticali di Enea sono caratterizzate da un impianto a coltivazione idroponica, ossia fuori suolo, che garantisce una maggiore produzione di verdure con minimo consumo d’acqua e senza uso di pesticidi, la crescita delle piante è assicurata dall’illuminazione a led che replica le condizioni naturali e accelera la fotosintesi clorofilliana. Così disegnata, la serra diventa un nuovo elemento del paesaggio urbano, facilmente adattabile sia ad edifici privi di particolari qualità, persino completamente ciechi, sia a edifici storici o con vincoli architettonici, poiché permette di lasciare inalterato l’ambiente entro cui viene inserito il sistema di coltivazione. «Trattandosi di una vera e propria fattoria che si sviluppa in verticale e che nasce dall’idea di concepire la coltivazione come un’attività indipendente dal terreno, ci permette di promuovere l’agricoltura del futuro tendenzialmente a impatto zero sulle risorse», spiega la Funaro.

Dalla collaborazione tra Enea e Idromeccanica Lucchini è nato anche un modello di vertical farm mobile, chiamato «BoxXLand» per la coltivazione in container di prodotti orticoli in verticale e fuori: entrambi i modelli possono essere utilizzati per riqualificare intere aree periferiche degradate, stimolando la nascita di distretti agroalimentari avanzati.

L’interesse riscosso da Ri-Genera da parte di aziende private e di istituzioni del nord Italia, fa ben sperare che il progetto possa essere esportato dal Veneto al resto del territorio nazionale e anche all’estero.

Sara MOLINATTI

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