La moneta di Facebook renderà la piattaforma davvero onnipotente?

Facebook lancia Libra, una presunta nuova moneta elettronica con cui, parole del fondatore Zuckerberg, «aspiriamo a rendere facile per tutti inviare e ricevere soldi proprio come si usano le nostre app per condividere istantaneamente messaggi e foto» ma con un intento nobile, naturalmente: «questo è particolarmente importante per le persone che non hanno accesso alle banche tradizionali», infatti «ci sono circa un miliardo di persone che non hanno un conto in banca ma hanno un cellulare». Un progetto dichiarato per l’inclusione, che ha alle spalle già oggi grandi nomi, ma che suscita da subito reazioni le più diverse, perlopiù allarmate e scettiche, a dire il vero. Presunta moneta perché in realtà, a differenze delle classiche cripto monete non legate a nessun asset, Libra a qualche bene è legata, fondi azionari e simili, quindi di fatto un nuovo strumento di pagamento più che una moneta vera e propria. Tuttavia la notizia ha il suo peso per l’enorme pervasività sociale che il soggetto che la propone ha, Facebook. Se non conseguenze su mercati finanziari, Libra potrebbe averne altre, prevedibili, per il nostro vivere sociale, importanti rispetto al modo con cui condividiamo il tempo e lo spazio insieme. La prima è che il valore, comunque inteso, si sposta ancora di più ed ancora una volta sulla piattaforma. Il reale è sempre meno significativo, lo è sempre di più una sua narrazione, che chiamiamo info sfera. La rivoluzione digitale scolla ed incolla quanto conosciamo ricombinandolo e dando così sempre più spazio e potere alle piattaforme che appunto rincollano la realtà. Accade per Uber, il servizio di taxi che però fa a meno dei taxi o per Airbnb il servizio di hotel che non possiede una catena di hotel e così via. Non più lingotti d’oro, ma un sistema di algoritmi e di macchine connesse tra di loro in tutto il pianeta, con costi energetici che stanno ponendo domande non indifferenti sulla sostenibilità ambientale del sistema. Ma, soprattutto, non più la nostra vita, ma come essa appare sui social, secondo binari finiti. La seconda considerazione è che un tale sistema rende molto facile monetizzare azioni, reazioni, posture. Già si parla, avviene a Napoli, di monetizzare digitalmente comportamenti virtuosi, buone azioni, convertibili in sconti nei negozi convenzionati. Domani un like sui social sarà remunerato, così la condivisione di una fotografi a, un giudizio ed una recensione. Micro remunerazioni che inviteranno specialmente chi ne ha più bisogno, e che verosimilmente è meno attrezzato culturalmente e politicamente, ad approfittare di quelle briciole o a svendere, per le medesime briciole, la sua dignità ed il suo pensiero. In un sistema integrato tutto questo sposterebbe l’opinione pubblica velocemente, a costo contenuto e sotto l’occhio vigile dell’onnipotente piattaforma. Due considerazioni tra le molte a cui ne aggiungo una finale: non è detto che accada, accadrà nella misura in cui la cultura, che definisce ancora il mercato, lascerà che ciò avvenga. Non è una questione di finanza, né di tecnologia, è una questione di educazione, di scelte, di democrazia, per noi credenti di incarnazione digitale.

don Luca PEYRON

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