Il mondo cambia, la sfida dei giovani

don Ezio Risatti SDB

Che cosa capiterà domani? E i giovani come si troveranno? Il primo cambiamento che prevedo sarà l’accettazione abituale dei cambiamenti. Nella storia si vede una progressiva disponibilità alle novità. Nel mondo di domani ci saranno senz’altro sempre meno fatiche fisiche obbligatorie, fino al punto che la fatica fisica sarà solo più facoltativa.

Allo stesso modo sono prevedibili sempre meno fatiche mentali ripetitive, ma saranno richieste capacità più artistiche e relazionali. Sul piano psichico invece le fatiche aumenteranno di certo. A livello personale sta diventando sempre più difficile rispondere alle domande fondamentali su di sé: io valgo? Sono intelligente? Mentre una volta c’erano indicatori standard di riferimento, ora le persone non sono più obbligate a confrontarsi con pochi e predeterminati modelli, ma possono confrontarsi con un mare immenso di persone e questo li fa smarrire.

Dal lato opposto sembra assurdo, ma man mano che cresce la coscienza di appartenere a realtà sempre più grandi si diffonde l’idea di potersi separare da quelle più piccole in cui uno è inserito. Così molte persone pensano di poter vivere meglio pensando solo al proprio interesse personale, sganciandosi dal cooperare al benessere comune. A livello di macrosistemi le relazioni sono diventate facili in modo inimmaginabile. Questa tendenza, però, si incrocia con un’altra di segno opposto: si fa più fatica a relazionarsi a livello di microsistemi. Da questi fattori è emersa una percezione del territorio personale, della famiglia o del gruppo come pezzi staccati tra di loro: tra uno e l’altro esistono solo i fili sottili delle strade percorse, con piccole ingrossature in concomitanza delle le soste abituali.

Le razze e i popoli si stanno mescolando: solo la persona mentalmente limitata o profondamente insicura di sé può pensare di essere nata nella migliore cultura che sia mai esistita. Il massimo che si può raggiungere è sentire la propria cultura adatta a sé, ma questo comporta il pensare che anche l’altro possa trovarsi bene lì, nella sua realtà, e quindi non è tanto questione di cultura, quanto di incontro tra la cultura e la persona.

Sono inoltre ormai caduti dei principi fondamentali dell’educazione dei giovani. Una volta, infatti, l’educatore poteva ben dire: «Io sono stato giovane prima di te, quindi so quali problemi si vivono alla tua età e ti posso aiutare a superarli meglio». Ora i giovani vivono realtà che ai tempi dell’educatore non c’erano e quindi non può sapere cosa vivono.

Oggi sono molto più numerose le opportunità che un giovane ha a sua disposizione: il ventaglio che si apre davanti a lui è teoricamente talmente vasto da rendere problematico e difficile l’orientamento. Paradossalmente era più libero di scegliere il giovane di ieri che aveva davanti a sé un ventaglio più ristretto. L’abbondanza delle possibilità di scelta ha portato una conseguenza problematica: ogni scelta comporta una perdita superiore a quanto si ottiene. Ci sono dunque giovani che percorrono una via per un certo periodo, poi hanno voglia di provarne un’altra e cambiano, poi magari ne provano ancora una terza.

La nebbia che li avvolge, impedisce loro di vedere bene la meta a cui sono diretti. Ma l’uomo non è fatto per vivere smarrito, quindi ad ogni nuova difficoltà, svilupperà nuove capacità, riuscirà a trovare la strada per vivere nella pace e nell’amore all’interno di quelle nuove situazioni, anche se noi oggi non lo possiamo prevedere come e dove. Allora teniamo d’occhio i giovani, perché saranno i primi a manifestare la nuova umanità che sorgerà. Una nuova umanità non più capace di tenere a memoria tanti numeri di telefono o di fare calcoli mentali veloci, ma capace di utilizzare positivamente tutte le nuove possibilità e di ovviare alla perdita di capacità del passato.

E noi, oggi adulti o vecchi? Certamente non faremo parte di quel nuovo mondo, ma non abbiamo motivo di dispiacerci. È un aspetto della genitorialità: lanciare i figli verso un futuro migliore del proprio. Guardiamo la storia passata: chi ha preparato e introdotto le nuove epoche storiche ha un merito grande come chi le ha vissute, anche se non ha fatto parte del mondo nuovo. Quindi: lavorare per far crescere il più in fretta e il più alto possibile tutta l’umanità.

Ezio RISATTI SDB

Istituto Universitario Salesiano Torino

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