Difficoltà di agire e patologie del cervello, analisi su tre piani

Napoleone Bonaparte diceva che «nulla è più difficile dell’abilità di saper prendere decisioni». Difatti la questione di come possiamo controllare intenzionalmente il nostro comportamento ha da sempre esercitato un fascino su filosofi, psicologi e neurologi. Recentemente un gruppo di ricerca, guidato dal professor Eraldo Paulesu, professore di Psicologia fisiologica all’Università Milano-Bicocca, in collaborazione con la dottoressa Laura Zapparoli, ricercatrice dell’Istituto scientifico Galeazzi, ha studiato i componenti intenzionali dell’agire indagando con la tecnica della risonanza magnetica funzionale. Dallo studio sono emerse nuove informazioni sui meccanismi funzionali e cerebrali coinvolti nell’intenzione dell’azione. Hanno osservato che la volontà di eseguire un’azione è scomponibile in tre distinti componenti a livello neurale: la decisione di quale azione eseguire, quando eseguirla e se metterla in atto. Fino ad ora l’azione intenzionale è sempre stata trattata come un concetto unitario all’interno delle neuroscienze, mentre la neuroanatomia rivela che così non è. Per studiare la volontà di agire ci si può concentrare su uno qualsiasi dei tre diversi aspetti dell’azione intenzionale, scomponendo il fenomeno complesso della volontà di effettuare un movimento. Questa ricerca apre nuove strade allo studio di quelle patologie del sistema nervoso centrale che compromettono la volontà di agire, suggerendo la necessità di indagare gli aspetti specifici che possono risultare compromessi o invece risparmiati dalla malattia. Alla luce di questa scoperta gli autori riesamineranno alcuni risultati chiave dell’azione intenzionale, soprattutto in soggetti colpiti da patologie neurologiche o psichiatriche come la malattia di Gilles de la Tourette e il disturbo ossessivo-compulsivo, ridefinendone la fisiologia dei processi e gettando le basi per una migliore comprensione di tali disturbi.

Giuliana DONORÀ

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