Paolo, messaggero della Buona Notizia fino ai confini della Terra

Secondo la profezia di Isaia (49,6) la «salvezza delle genti» deve raggiungere «gli ultimi confini della terra»; il principio sarà ripreso da Matteo (28,19) con una locuzione molto simile: «andate dunque e ammaestrate tutte le
genti» e rivisitato da Luca (Atti 1,8) perché, con la potenza dello Spirito, i discepoli potranno portare la Parola «da Gerusalemme fino all’estremità della terra», naturalmente della terra abitata. La conoscenza dell’ecumene nel primo secolo dell’era cristiana è quella della cartografi a romana, derivata dalla scuola di Alessandria.
La vocazione universale dell’impero romano contiene perfettamente quella della evangelizzazione cristiana e la missione degli Apostoli si svolge sulle strade e sulle rotte dei nuovi padroni del mondo. I popoli dei quali gli Apostoli comprenderanno le lingue dopo la Pentecoste (Atti 2,9-11), rappresentano fisicamente il mondo allora conosciuto, «fino ai quattro angoli della terra», come si legge nell’Apocalisse giovannea (7,1 e 20,7).
Il centro della Terra ora è Roma, e lì si recano Pietro e Paolo; ma il secondo ha una
speciale vocazione missionaria: lo sappiamo dalle sue lettere, ma soprattutto dall’evangelista Luca, suo compagno di viaggio (Col.4,10-14), senza dimenticare Marco (Atti, passim; Col. 4,10 e 2Tim.4,11).

Tempio di Apollo a Corinto

L’opera di Paolo si svolge lungo le sponde del Mediterraneo, a cominciare dalle città della Siria (i discepoli di Antiochia furono i primi a chiamarsi Cristiani), dell’Asia Minore fi no alla Troade, e della Grecia, isole comprese, soprattutto Cipro, Cos e Rodi: complessivamente i quattro viaggi di Paolo si svolgono tra il 45 e il 67 d.C. Ad altri spetterà il compito di diffondere il Vangelo nelle terre conquistate progressivamente dagli imperatori romani.
Paolo non è solo e non è il solo, ma è il prescelto per portare il nome di Cristo «dinnanzi alle nazioni, ai re e ai figli di Israele» (Atti 9,15); le strade sono terrestri e marittime, sono quelle già note a romani e greci, la navigazione più lunga fu quella dell’ultimo viaggio verso Roma e la prigionia, viaggio funestato dal naufragio a
Malta (Atti 27), arricchito da molti particolari tecnici, infatti in questo caso Luca esprime la sua buona conoscenza dei venti e delle rotte, oltre ad una fortissima preoccupazione! Le precedenti navigazioni non avevano presentato grandi rischi perché si erano svolte per brevi tratti ed in parallelo alle coste dell’Asia Minore e della Grecia. Quando arriva in una città, Paolo si reca alla Sinagoga, in quella di Tessalonica va a predicare per tre sabati successivi (Atti 17); in altre città non è così bene accetto, a Corinto è aiutato da un giudeo di nome Aquila che viene dal Ponto; ad Atene predica sull’Areopago, prendendo spunto dalla dedica «ad un Dio ignoto», che lì si conserva (Atti 15 ss.) e fra i pochissimi proseliti può contare Dionigi l’Areopagita, quello che sarà il santo patrono di Atene e di Crotone.
Nelle lettere Paolo ci suggerisce l’accoglienza ricevuta nei viaggi precedenti e il conseguente rapporto mantenuto, tramite esortazioni e rimproveri, con le comunità e con singoli discepoli; oltre a quelle di Corinto e Tessalonica, le comunità preferite sono quelle dell’Asia Minore, attuale Turchia, dove anche l’apostolo Giovanni ha predicato il Vangelo (Ap.1,9). Da Corinto Paolo scrive ai Romani preannunciando una sua visita (che poi avverrà nella costrizione, nel 60 d.C.) e ipotizzando perfino un viaggio in Spagna (15,24 e 28), del quale nulla sappiamo; egli scrive che deve tornare a Gerusalemme per portare ai poveri le elemosine raccolte in Macedonia e in Acaia (15,25), sottolineando la generosità dei greci, ma soprattutto il legame mai interrotto con Gerusalemme, punto di partenza di tutti i suoi viaggi e dell’apostolato «fino ai confini della terra» (Atti 1,8).

Federica CORDANO
docente di Epigrafi a greca
Università degli Studi Milano

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