Come si fa una scuola dove c’è una guerra

Nel 2017 è stato stimato che circa 165 milioni di persone si sono trovate in una situazione di emergenza, quasi come la Francia, l’Italia e la Spagna messe insieme. Più di un terzo di queste si trovava in contesti conflittuali caratterizzati da violenze sanguinose e conflitti a fuoco; mentre la restante parte, rappresentata da circa 100 milioni di persone, si è trovata in situazioni disagiate a causa di catastrofi naturali.

Simone Vacca D’Avino

In una società contemporanea come la nostra, diventa prioritario rispondere alle numerose emergenze generate dai cambiamenti climatici e dai conflitti tra nazioni responsabili delle sempre più importanti migrazioni di massa d’intere popolazioni. La necessità di progetti per questo tipo di emergenze diventa l’occasione per ripensare l’architettura sociale, semplificata sulla base del criterio di funzionalità, adattabilità e bellezza. In questa tesi si è voluto approfondire l’architettura dei contesti poveri e di guerra poiché in tali situazioni si è obbligati a progettare semplificando, sia a vantaggio dell’efficienza energetica e ambientale, sia in funzione della necessità di tempi rapidi e della reperibilità dei materiali. Con questi presupposti si è cercato di approfondire l’importanza del ruolo dell’architettura scolastica in contesti che solitamente esulano da questo tipo di approfondimento poiché rappresentano problemi secondari rispetto alla vera e propria situazione emergenziale. La complessità della tematica è stata approfondita attraverso due differenti fasi di studio contraddistinte da un periodo di ricerca e analisi del fenomeno e successivamente dall’elaborazione di una soluzione architettonica da adottare in questo genere di contesti. In questo processo di semplificazione è stato interessante costatare l’abissale distanza che intercorre tra lo spazio vissuto e la normativa Edilizia, in particolare quando questa è applicata a uno spazio educativo, luogo fondamentale per la crescita e la conoscenza del mondo.

Nel progetto di tesi si è cercato di coniugare gli aspetti della pedagogia con l’architettura in modo da formare il bambino all’interno di un «vuoto», inteso come realtà fisica, che gli permetterà di scoprire le infinite possibilità di muoversi dentro una porzione di mondo; l’intenzione è quindi quella di offrire ai bambini la possibilità di distrarsi e di dimenticare l’emergenza che si trovano ad affrontare.

Simone Vacca D’AVINO
Laurea Magistrale in Costruzione e Città
Politecnico di Torino

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